Modelli 231 e reati tributari: quali misure preventive?

Si rinvia ad un interessante articolo pubblicato dal Sole 24 ore del 29/10/19 scritto da Avv. Patrizio Braccioni, Led Taxand – Studio Legale Tributario

https://www.diritto24.ilsole24ore.com/art/dirittoPenale/2019-10-29/modelli-231-e-reati-tributari-quali-misure-preventive-124842.php?refresh_ce=1

Si riporta il testo dell’articolo disponibile al link sopra indicato

Il secondo comma dell’art.39 del decreto legge 26 ottobre 2019 n.124 ha aggiunto l’art.25 – quinquiesdecies al D.Lgs. 231/01 aggiungendo ai reati-presupposto la dichiarazione fraudolenta mediate utilizzo di fatture o altra documentazione per operazioni inesistenti (comunemente descritto come reato di falsa fatturazione).

La responsabilità amministrativa degli enti coinvolge per la prima volta la commissione di reati tributari.

Dopo l’inserimento del riciclaggio, dell’autoriciclaggio, delle false comunicazioni sociali e altre fattispecie, per i quali i commentatori avevano già evidenziato che di fatto i reati tributari erano, pur in via indiretta, già rientrati tra i reati-presupposto del decreto legislativo 231/01, il legislatore ha introdotto una fattispecie specifica di reato tributario. Sono note agli operatori, quindi non ci soffermiamo, le origini di fonte comunitaria di tale decisione (obbligo di attuazione della direttiva PIF), le caratteristiche soggettive e oggettive della fattispecie di reato di falsa fatturazione e le conseguenze e responsabilità della violazione della normativa 231/01.

Sicuramente meno note le azioni e le misure da porre in essere per prevenire la commissione del reato e di conseguenza la costruzione di uno specifico Modello 231 efficace ed efficiente.
Infatti, diversamente da molte altre fattispecie di reato, i reati tributari sono pervasivi nell’ambito dell’attività di impresa ed è quindi difficile relegarli in ambiti di attività specifici o circoscritti. E’ evidente che il problema si pone per i soggetti che hanno adottato i Modelli 231 con la genuina intenzione di avvalersene. Il ciclo attivo e passivo, o anche la supply chain, sono comuni a tutte le imprese e anche in strutture medio-grandi sono molteplici sia i centri di acquisto, cioè soggetti che sono abilitati ad acquistare beni e servizi per l’impresa sia i centri dai quali pervengono all’impresa dati e informazioni per la fatturazione attiva. In entrambi i casi, nelle dinamiche della stessa, potrebbero originarsi fatture false passive o attive.
La prassi dimostra poi che numerose fattispecie risultano particolarmente insidiose da rilevare, in particolare quando entrano in gioco rapporti con soggetti esteri. Non da ultimo, processi di digitalizzazione non sufficientemente adeguati hanno finito per favorire il fenomeno.

Ora, la prima linea di difesa per prevenire questa tipologia di reati è sicuramente l’adozione di un sistema amministrativo – contabile adeguato, che dovrebbe essere affiancato da un sistema gestionale altrettanto efficace. Le “distrazioni” contabili e gestionali, cioè la scarsa attenzione dell’impresa a questi aspetti sono terreno fertile per la commissione dei reati in argomento.

Si segnala peraltro che il decreto legislativo 14/2019, Codice della crisi d’impresa, già prescrive l’adozione di un adeguato assetto amministrativo-contabile volto a rilevare tempestivamente eventuali crisi di impresa ad un numero di soggetti addirittura maggiore rispetto a coloro che hanno introdotto i Modelli 231. Ci pare evidente che ai fini della prevenzione del reato in argomento non debba essere adottato un assetto amministrativo-contabile ulteriore o nuovo, ma le esigenze e le finalità, pur in apparenza diverse, coincidono per numerosi aspetti. Dovrebbe semmai trattarsi di valutare l’adozione di qualche funzionalità gestionale e/o contabile ulteriore, ma sempre nell’ambito dello stesso assetto amministrativo – contabile. Un buon sistema gestionale e contabile è sicuramente una misura necessaria, ma può non essere sufficiente ai fini di un’efficace prevenzione.

Per le società di grandi dimensioni (assai poche in Italia) che ne abbiano i requisiti, l’ingresso nel regime di adempimento collaborativo di cui al decreto legislativo n.128 del 5 agosto 2015, con il relativo obbligo di rilevare, misurare e monitorare il rischio fiscale, può essere sicuramente una strada percorribile assai efficace. Una volta instaurate le necessarie procedure in questo ambito, se non già fatto, si tratta solo di “saldarle” con l’istituendo Modello 231, probabilmente, nella pratica, poco più che una formalità.
Problemi meno onerosi sussistono anche per le banche, in particolare quelle che hanno adempiuto all’obbligo di istituire, nei tempi, nelle forme e con le modalità prescritte dalla Banca d’Italia nella sua Circolare n.285 del 17 dicembre 2013, un efficace presidio del rischio fiscale basato sull’articolata collaborazione tra funzione fiscale interna (ove esistente) e funzione compliance. Il presidio del rischio fiscale, salvo probabilmente poche modifiche e aggiornamenti, può costituire un’ottima base per la creazione di un Modello 231 idoneo a prevenire il reato di falsa fatturazione. Resta però alla fine una platea di soggetti ancora ampia che o entro fine anno o al massimo entro il prossimo mese di gennaio (in dipendenza dai tempi di conversione del decreto legge) dovrà affrontare questa tematica per la prima volta.

Riteniamo che in questo caso le misure preventive dovrebbero consistere sempre nella creazione al proprio interno di un presidio del rischio fiscale, che ha lo stesso nome di quello adottato dalle banche ma è per forza di cose profondamente diverso per le imprese non bancarie o finanziarie. In linea generale, il presidio del rischio fiscale si estrinseca anzitutto in un preventivo “risk assessment”, cioè una valutazione preliminare delle attività e delle aree dell’impresa a maggiore rischio fiscale, nel dotarsi, dall’interno o in outsourcing, di professionalità idonee ad individuare e comprendere i processi e l’organizzazione interni, segnalarne eventuali debolezze e suggerire nel contempo misure correttive, il tutto in un’ottica fiscale.

Da altra prospettiva, si tratta di migliorare la corporate governance in ambito fiscale, o come ormai si dice, di migliorare la tax governance dell’impresa, per la quale occorre sia conoscenza delle principali regole di governo societario sia della materia tributaria. Quanto sopra può richiedere un salto culturale importante, che poi costituisce nella pratica l’aspetto più rilevante: considerare la fiscalità nelle sue varie declinazioni un aspetto essenziale della gestione quotidiana dell’impresa.

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